I Bamboo - Perché studiarli?
La versatilità di impiego dei bamboo (mobili, componenti di arredo, pannelli e parquet, edilizia, ponteggi, combustibili, filati, oggettistica, strumenti musicali, cosmesi, medicina, alimentazione) e il loro valore ornamentale, hanno favorito fin da tempi storici l’introduzione intenzionale di numerose specie al di fuori del loro areale originario (232 secondo Canavan et al., 2016). Molte specie adatte ai climi temperati sono state introdotte anche in Europa e Italia. Il crescente interesse alla coltivazione dei bamboo esotici ha destato negli ultimi anni un atteggiamento cautelativo da parte di numerosi Enti pubblici deputati alla gestione dell’ambiente e della biodiversità (Enti parco, Regioni, ARPA, ecc.). Un recente studio scientifico (Canavan et al. 2016) ha evidenziato che 12 specie di bamboo, tra cui molte specie del genere Phyllostachys coltivate o presenti in Piemonte (es. Phyillostachys aurea, P. edulis, P. nigra, P. flexuosa e P. bambusoides), risultano invasive in svariati stati extra-europei ed europei.
Sulla possibile invasività di alcune specie di bamboo in Europa è attualmente aperto un ampio dibattito. Allo stato attuale delle conoscenze l’invasività non sembrerebbe derivare da propagazione tramite seme, anche perché tutte le specie introdotte in Europa sono caratterizzate da fioritura massiva o sporadica (specie monocarpiche) e pertanto i fenomeni di fioritura e fruttificazione sono abbastanza rari. Molte specie tuttavia presentano una rapida capacità di propagazione per via agamica, tramite stoloni radicali.
In particolare, si distinguono due tipologie di apparati radicali: leptomorfo (monopodiale) e pachimorfo (simpodiale). Le specie con apparato radicale leptomorfo (es. Phyllostachis aurea) presentano stoloni sotterranei (definiti ‘runners’) in grado di accrescersi orizzontalmente a velocità considerevoli, allontanandosi in condizioni favorevoli dal cespo ‘madre’ anche di 3-4 metri l’anno (Lobovikov et al., 2007). Per contrastare il carattere invasivo di queste specie si ricorre, specialmente negli impianti ornamentali, a guaine plastiche di contenimento interrate attorno al popolamento. Tuttavia, l’impiego di tali guaine è molto limitato a causa dei costi e la potenzialità invasiva dovuta all’espansione radicale può realisticamente rappresentare una minaccia particolarmente nei popolamenti non gestiti (es. seconde case, orti urbani, ecc). L’apparato radicale pachimorfo (es. Fargesia) è invece composto di rizomi corti e tozzi che non si espandono verso l’esterno del cespo e determinano pertanto una crescita cespugliosa della pianta. Di conseguenza, tali specie non sono potenzialmente invasive.
Sulla possibile invasività di alcune specie di bamboo in Europa è attualmente aperto un ampio dibattito. Allo stato attuale delle conoscenze l’invasività non sembrerebbe derivare da propagazione tramite seme, anche perché tutte le specie introdotte in Europa sono caratterizzate da fioritura massiva o sporadica (specie monocarpiche) e pertanto i fenomeni di fioritura e fruttificazione sono abbastanza rari. Molte specie tuttavia presentano una rapida capacità di propagazione per via agamica, tramite stoloni radicali.
In particolare, si distinguono due tipologie di apparati radicali: leptomorfo (monopodiale) e pachimorfo (simpodiale). Le specie con apparato radicale leptomorfo (es. Phyllostachis aurea) presentano stoloni sotterranei (definiti ‘runners’) in grado di accrescersi orizzontalmente a velocità considerevoli, allontanandosi in condizioni favorevoli dal cespo ‘madre’ anche di 3-4 metri l’anno (Lobovikov et al., 2007). Per contrastare il carattere invasivo di queste specie si ricorre, specialmente negli impianti ornamentali, a guaine plastiche di contenimento interrate attorno al popolamento. Tuttavia, l’impiego di tali guaine è molto limitato a causa dei costi e la potenzialità invasiva dovuta all’espansione radicale può realisticamente rappresentare una minaccia particolarmente nei popolamenti non gestiti (es. seconde case, orti urbani, ecc). L’apparato radicale pachimorfo (es. Fargesia) è invece composto di rizomi corti e tozzi che non si espandono verso l’esterno del cespo e determinano pertanto una crescita cespugliosa della pianta. Di conseguenza, tali specie non sono potenzialmente invasive.
Allo stato attuale è ipotizzabile che in Piemonte si possano essere naturalizzate 6-8 specie, tra le quali le più diffuse potrebbero essere Phyllostachis aurea e Pseudosasa japonica (entrambe attualmente incluse nella Black List–Management List/Gestione della Regione Piemonte, secondo il DGR del 12 Giugno 2017, n. 33-5174). Il numero di specie naturalizzate potrebbe tuttavia essere potenzialmente più elevato ed è realistico pensare che alcuni settori (es. zona insubrica), caratterizzati da clima piovoso e inverni miti, si prestino a ospitare molte specie forse non ancora identificate neppure sul territorio nazionale. Il progetto si propone di colmare questa carenza conoscitiva, condividendo i dati raccolti e le elaborazioni con il Gruppo di Lavoro sulle specie vegetali esotiche della Regione Piemonte (Direzione Ambiente, Governo e Tutela del territorio - Settore Biodiversità e aree naturali, partner di progetto).